Chi sono

Dott. Gabriele Andreoli

Sono Gabriele Andreoli, psicologo e psicoterapeuta, laureato a Padova, con formazione in psicologia dinamica e specializzazione in Psicoterapia Sistemico-relazionale presso il Centro Padovano di Terapia della Famiglia. Successivamente ho integrato queste mie esperienze di base con una formazione specifica all’utilizzo dell’EMDR (Eye Movement Desensitization & Reprocessing), ottenendo la qualifica di practitioner (psicoterapeuta EMDR esperto). Ho lavorato presso ARCA – Centro Mantovano di Solidarietà – di Marcaria MN (settore dipendenze), presso il CONSULTORIO IL FILO di Arca e, come formatore, presso ARCA FORMAZIONE. Mi sono occupato per molti anni di selezione, formazione e sviluppo del personale in una grande Azienda bancaria. Ho maturato, dunque, competenze professionali che mi permettono di offrire interventi terapeutici sia a livello individuale che di coppia e familiare. Sono quindi in grado di intervenire in tutti i contesti che generano sofferenza psicologica e ho la possibilità di integrare il percorso terapeutico tradizionale con la tecnica psicoterapica EMDR, che si è dimostrata di grande efficacia in molte situazioni di sofferenza psicologica.

La mia formazione

L’EMDR
L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico. L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica ed è una metodologia completa che utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destra/sinistra per trattare disturbi legati direttamente a esperienze traumatiche o particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo.
Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico hanno una desensibilizzazione, perdono la loro carica emotiva negativa. Il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento. L’immagine cambia nei contenuti e nel modo in cui si presenta, i pensieri intrusivi in genere si attutiscono o spariscono, diventando più adattivi dal punto di vista terapeutico e le emozioni e sensazioni fisiche si riducono di intensità. L’elaborazione dell’esperienza traumatica che avviene con l’EMDR permette al paziente, attraverso la desensibilizzazione e la ristrutturazione cognitiva che avviene, di cambiare prospettiva, cambiando le valutazioni cognitive su di sé, incorporando emozioni adeguate alla situazione oltre ad eliminare le reazioni fisiche. Questo permette, in ultima istanza, di adottare comportamenti più adattivi. Dal punto di vista clinico e diagnostico, dopo un trattamento con EMDR il paziente non presenta più la sintomatologia tipica del disturbo post-traumatico da stress, quindi non si riscontrano più gli aspetti di intrusività dei pensieri e ricordi, i comportamenti di evitamento e l’iperattivazione neurovegetativa nei confronti di stimoli legati all’evento, percepiti come pericolo. Un altro cambiamento significativo è dato dal fatto che il paziente discrimina meglio i pericoli reali da quelli immaginari condizionati dall’ansia.

LA PROSPETTIVA SISTEMICO-RELAZIONALE
La Terapia Sistemico-Relazionale nasce negli Stati Uniti durante gli anni ’50: la Scuola di Palo Alto e il Mental Research Institute, con i loro maggiori esponenti (Gregory Bateson, Don D. Jackson, Jay Haley, Paul Watzlawick), furono i principali centri di sviluppo della terapia sistemica familiare. In particolare, gli studi condotti dall’antropologo Gregory Bateson e l’elaborazione del modello teorico dell’ “epistemologia cibernetica” hanno reso evidente il nesso tra teoria dei sistemi e terapia familiare. In Europa e in Italia la psicoterapia ad indirizzo sistemico-relazionale si è molto diffusa durante gli anni ’80, grazie al   lavoro di Mara Selvini Palazzoli, Luigi Boscolo, Gianfranco Cecchin e Giuliana Prata, che hanno saputo innovarla e trasformarla in un modello che è stato preso come riferimento in tutto il mondo (Milan Approach).  L’orientamento sistemico-relazionale spiega, infatti, il comportamento dell’individuo focalizzando l’attenzione sull’ambiente in cui esso è vissuto, sul sistema, sulla rete di relazioni significative di cui egli è parte e in tal senso considera la famiglia come sistema transazionale soggetto a cambiamenti. L’approccio sistemico ha totalmente modificato il modo di considerare le categorie cliniche quali il sintomo, la diagnosi e il trattamento operando una ridefinizione in termini relazionali. Pertanto, in quest’ottica, gli eventi problematici di un singolo individuo influenzano l’intera famiglia come unità funzionale, con effetti che si estendono a tutti i membri e alle loro relazioni. Il sintomo non viene più considerato come l’espressione di problematiche individuali ma indica una disfunzione dell’intero sistema familiare; la diagnosi fa riferimento alla clinica ed al funzionamento del singolo e del suo gruppo di appartenenza all’interno dello specifico contesto. L’intervento terapeutico si basa sull’osservazione delle modalità di relazione tra il paziente e la sua famiglia e mira a modificare, attraverso un processo di co-costruzione tra terapeuta ed individuo/famiglia, i modelli disfunzionali presenti nel contesto entro il quale il disagio del paziente è emerso, stimolando le risorse familiari e rafforzando sia il funzionamento individuale sia quello familiare.

LA PSICOLOGIA DINAMICA
La psicologia dinamica è una disciplina che comprende una vasta gamma di modelli teorici della mente, della psicopatologia e della tecnica psicoterapeutica, che hanno come originario punto di riferimento concettuale la teoria psicoanalitica di Freud. Nel corso degli anni, però, le teorizzazioni di Freud hanno dovuto confrontarsi, spesso in modo conflittuale, con quelle di una serie di altri clinici e studiosi, a incominciare da Carl Gustav Jung, che si sono allontanati da lui e hanno creato scuole e tradizioni di pensiero autonome, che a distanza di tempo, appaiono sempre meno come espressione di visioni inconciliabili, ma più come una dialettica tra prospettive diverse, utili a descrivere i vari aspetti della complessità psichica. Secondo Freud il comportamento umano è il risultato di forze interiori, le pulsioni, in contrasto tra loro, e gli stessi sintomi e sofferenze psichiche del soggetto non sono l’effetto meccanico di fattori traumatici, quanto piuttosto soluzioni di compromesso che il soggetto elabora per far fronte ai propri conflitti interiori. In tal senso, la concezione dinamica della vita psichica sarebbe caratterizzata da una visione dei fenomeni psichici come risultante di “giochi di forze” che si svolgono inconsciamente nell’individuo e su cui si possono formulare semplicemente delle ipotesi a causa della loro non visibilità.